kuwomba #15 :: Recensione di Giuseppe Molica
Ottima recensione del filosofo Giuseppe Molica di quell’«oggetto sonoro non identificato» che corrisponde a «Meontology Research Recording III» di The Anti Group / TAGC di Adi Newton. La potete leggere sull’eccellente webzine Kuwomba. Giuseppe Molica è abile nell’individuare e nello sviluppare uno dei tanti ‘rostri’ concettuali utilizzabili per parlare di quest’opera: la sua ‘sottrazione’ nel suo presentarsi come ‘oggetto sonoro non identificato’ e come “parte maledetta del sentire”. E’ questo suo ‘rovesciamento’ a fornire a #meon3 quella velocità infinita che lo rende un ‘classico senza tempo’, come giustamente annotava Peppe Il Console / Giuseppe Allegri qualche settimana fa… Invitiamo quindi alla lettura di Giuseppe Molica QUI e all’ascolto fruizione di “Transmission from the Trans Yuggothian Broadcast Station» al sito rizosfera.net ! Non si tratta forse più di ‘ascoltare’ e basta, ma di essere ‘in onda’, cioè di esplorare ed espandere il ‘musicale’ o il ‘sonoro’ fino ad una nuova area, appunto, di ‘ricezione e ritrasmissione attiva’ – di «porte» da attraversare in chiave fantascientifica e psichedelica…
Scrive Giuseppe Molica :: “Che cos’è un oggetto sonoro? Stando alle ricerche di Pierre Schaeffer, e alle conseguenti definizioni che se ne vogliono trarre, un oggetto sonoro è un suono percepito unicamente per le sue qualità intrinseche. Il compositore francese, alla ricerca della musica concreta, sosteneva e ricercava quasi un’anima del suono, analizzabile secondo delle categorie oggettive, che finalmente potesse portare la musica a comporsi fuori da qualunque percezione. Forse però questo modo di intendere il suono, in sé e per sé, risente ancora troppo dell’anima cattolica del ricercatore, e per spingerci ancora più in là nella ricerca dovremmo abbandonare ciò che ancora lo teneva ancorato proprio all’idea di oggettività, trovandoci in mano (e nelle orecchie) oggetti che poco hanno di oggettivo, quanto piuttosto di materialità: il processo sonoro, di ascolto come di composizione, necessita dell’ascolto di chi ascolta. MEON III, di The Anti Group Communication, si presenta così sotto diverse forme: un album, un libro, un oggetto da ascoltare, qualunque sia l’accezione che si voglia dare a questo verbo. Adi Newton e il suo gruppo (uno dei) ci forniscono una diversa possibilità sonora e insieme musicale, suggerendoci a pensare e vivere i due concetti non necessariamente insieme – la meontologia in fondo è la “filosofia del non essere” – e questa densa pubblicazione potrebbe essere un manifesto della prassi differenziale in campo estetico: un libro musicale, una tracklist di montaggi sonori che capovolgono il rapporto fra sensi e percezioni, un “hegelismo capovolto” schierando l’umano, e ciò che l’umano può, nel campo di ciò che non dovrebbe. Sarebbe comunque riduttivo descrivere questo oggetto soltanto come un tentativo di esperimento, una teoria messa in pratica, riducendolo appunto a un manifesto di ideologia sonora; in effetti l’esperimento di MEON III risulta invece perfettamente efficace, proprio perché, in qualche maniera, fallito. Le prime parole che leggiamo, nell’introduzione, sono infatti la descrizione di quello che non c’è: il lavoro prevedeva anche un impianto architettonico, un cubo di schermi semitrasparenti su cui proiettare il Meontological Films tanto grande da contenere del personale del TAGC e i loro computer per generare suono. L’oggetto sonoro MEON III ci si presenta completamente, e lo fa come incompleto, proprio come ogni buon esperimento. Esplorazione della part maudit del sentire.”.