NUOVA RECENSIONE DELL’ALBUM ‘ANDARE VIA’ DI MASSIMO ZAMBONI (TERRE NATIVE / DISTRIB. RIZOSFERA) A CURA DELLA RIVISTA ONLINE L’ISOLA CHE NON C’ERA :: CLICCA QUI PER LEGGERE LA RECENSIONE
L’ISOLA CHE NON C’ERA: “In parallelo con i fasti della reunion dei CCCP-Fedeli alla Linea (la mostra a Reggio Emilia conclusasi di recente, il film “Kissing Gorbaciov”, l’album live “Altro che nuovo nuovo”, due concerti sold out a Berlino e il tour partito da Bologna il 21 maggio) Massimo Zamboni porta avanti la propria attività solista con concerti, showcase e presentazioni dei propri libri. Tra le tante date, ricordiamo che lo scorso 18 marzo il cantautore reggiano si è esibito con la sua band presso gli studi della RSI a Lugano e per l’occasione ha proposto in anteprima i brani del suo ultimo album “Andare via – Riflessioni da un’Italia traslocata”.
Questo progetto musicale è nato, in realtà, proprio in collaborazione con l’emittente elvetica: nel febbraio 2023, infatti, Zamboni e i suoi musicisti (il chitarrista Erik Montanari, il tastierista Patrizio Roversi e Simone Beneventi alle percussioni e al vibrafono) sono stati invitati dalla televisione svizzera a registrare in loco una serie di brani che avessero come filo conduttore la tematica dell’emigrazione e che si configurassero come una serie di riflessioni sul significato della partenza, dell’appartenenza, delle radici, allo scopo di diffondere le canzoni tra le comunità italiane residenti all’estero. Il risultato è una sequenza di sette tracce, tra cui due riletture di pezzi di altri autori, confluite in un disco pubblicato in edizione limitata ed acquistabile solo ai concerti o sul sito cliccando qui. Nelle note di copertina del CD Zamboni osserva come gli esseri umani “… si muovono, vanno via, traslocano, viaggiano, scappano, si mettono in salvo, ricominciano continuamente e da sempre” preservando, anche nel luogo di nuova destinazione, la propria cultura nativa e, per quanto possibile, la lingua materna; negli incontri tra connazionali, poi, si cerca di mantenere quell’ “affratellamento che il Paese originario non avrebbe garantito con eguale portata”. In questo modo le comunità all’estero vanno a costituire una autentica “patria traslocata” e questo è vero, da secoli, per gli italiani che hanno lasciato lo “stivale”, ma anche per tutti coloro che hanno fatto della nostra penisola la propria patria d’elezione, con tutte le difficoltà che ciò può comportare.” (…)